Vendita di un’abitazione priva di abitabilità. Gli acquirenti possono richiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno ?

Il certificato di abitabilità di un immobile si configura infatti quale «requisito giuridico essenziale».

Il caso. Gli acquirenti di un immobile, alcuni mesi dopo la conclusione del contratto di compravendita, constatavano la presenza nel medesimo di una fortissima umidità causata – come accertato da un tecnico di loro fiducia – dall’«inadeguata ovvero omessa esecuzione di taluni lavori».

Denunciata inutilmente la riferita situazione al venditore, gli acquirenti ne chiedevano in giudizio la condanna al pagamento di una somma pari «al costo dell’esecuzione dei lavori necessari al fine di conseguire la licenza di abitabilità dell’immobile».

Il venditore, risultato soccombente in primo e in secondo grado, ricorreva quindi in cassazione: questi ha assunto in particolare che «il mancato rilascio della concessione in sanatoria e della dichiarazione di abitabilità dell’immobile non erano dipesi dai difetti riscontrati a cui la stessa Corte [d’appello] aveva ricollegato l’inadempimento del venditore ed il correlato risarcimento, ma dall’inerzia del Comune prima e dalla difformità riscontrata poi tra il progetto in sanatoria e l’immobile a causa del nuovo volume realizzato dall’acquirente».

Ha inoltre dedotto la mancata prova, da parte degli acquirenti, che il mancato rilascio del certificato di abitabilità fosse dipeso dalle infiltrazioni di umidità e, in ogni caso, la decadenza dall’azione di garanzia per vizi della cosa venduta – essendo decorso il prescritto termine di un anno dalla consegna.

La decisione. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando l’iter argomentativo e motivazionale dei giudici d’appello e reputando infondate tutte le censure mosse alla sentenza d’appello. Specificamente, i giudici di legittimità hanno rilevato che:

  1. nell’ipotesi di vendita di immobili abitativi, «il difetto assoluto della licenza di abitabilità ovvero l’insussistenza delle condizioni necessarie per ottenerla in dipendenza della presenza di insanabili violazioni della legge urbanistica» configura una fattispecie di consegna aliud pro alio;
  2. il venditore di un immobile ha l’obbligo di consegnare all’acquirente il certificato di abitabilità, senza il quale l’immobile stesso è incommerciabile;
  3. la violazione di tale obbligo può legittimare sia la domanda di risoluzione del contratto, sia la pretesa risarcitoria sia l’eccezione di inadempimento;
  4. la mancata consegna del certificato di abitabilità «non è sanata dalla mera circostanza che il venditore, al momento della stipula, abbia già presentato una domanda di condono per sanare l’irregolarità amministrativa dell’immobile».

Come correttamente evidenziato dalla Corte d’appello, il certificato di abitabilità di un immobile si configura infatti quale «requisito giuridico essenziale»: la circostanza per la quale la procedura finalizzata al rilascio del certificato di abitabilità fosse stata avviata ma non portata a compimento «per inefficienze della pubblica amministrazione» – come dedotto dal venditore – è del tutto irrilevante, mentre, ribadisce il giudice di secondo grado, il rilascio del prescritto documento «non poteva essere procrastinato sine die».

Ciò che rileva, in definitiva, è che il certificato non sia stato rilasciato: legittima dunque la richiesta di risarcimento del danno. (Nella fattispecie va peraltro tenuto presente che una delle clausole del contratto di compravendita poneva espressamente a carico del venditore l’onere di «sostenere ogni pagamento necessario per il rilascio del relativo certificato di abitabilità».)

Gli obblighi a carico del venditore in materia di regolarità urbanistica dell’immobile. Si rammenta chela legge sul condono del 1985 – ed ora il T.U. n. 380/2001 – stabilisce che tutti gli atti tra vivi relativi ad edifici o loro parti sono nulli e non possono essere rogati dai notaio se da essi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi urbanistici del bene immobile oggetto del contratto di compravendita stesso, fatta eccezione per gli immobili costruiti anteriormente al 1° settembre 1967, per i quali, in sostituzione della documentazione predetta, può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario e da inserirsi nell’atto, attestante appunto che la costruzione dell’opera è stata iniziata in tempo anteriore a tale data.Per le costruzioni successive al 1° settembre 1967 è necessario indicare, a pena di nullità, gli estremi della concessione edificatoria (permesso di costruire), o allegare la domanda di concessione in sanatoria con gli estremi del versamento di quanto dovuto a titolo di oblazione e, per i condoni ‘‘nuovi”, anche il versamento integrale degli oneri concessori.Perché si possa validamente concludere la compravendita, occorre quindi che l’immobile oggetto del contratto abbia una regolarità urbanistica ‘‘minima”, ossia non presenti abusi tali da renderlo incommerciabile.

L’acquisizione della documentazione in fase di trattative precontrattuali. Si segnala infine che, già nella fase delle trattative che precedono la stipula del contratto definitivo di compravendita, è opportuno acquisire tutta una serie di informazioni che riguardano la titolarità e la consistenza dell’immobile – proprio al fine di incorrere in seguito in spiacevoli sorprese. La verifica comporta l’esame di documenti e la verifica presso pubblici registri.

Tale attività può essere affidata:

  • direttamente all’interessato;
  • al notaio;
  • a un professionista di fiducia;
  • all’agente immobiliare.

Nella fase iniziale l’analisi documentale viene utilizzata quale metodologia di indagine semplificata:

  • la verifica comporta l’esame di documenti dai quali si possono ricavare i dati indispensabili a definire l’oggetto della futura compravendita;
  • l’analisi consente di verificare il regolare censimento nel Catasto terreni e fabbricati, l’eventuale iscrizione di ipoteche, la presenza di vincoli e servitù, i titoli edilizi, gli eventuali condoni, la certificazione degli impianti.

Fonte :www.condominioweb.com

About Massimo Montanari
Massimo Montanari, italiano, nato a Lussemburgo il 16 luglio 1961. Formatosi in Confcommercio col ruolo di Segretario delle Delegazioni di Sarsina e Mercato Saraceno, dal 2011 ha deciso di cambiare percorso lavorativo ed ha portato il suo bagaglio di esperienza nel Settore Sindacale dell'Associazione Cesenate. Attualmente si occupa di varie categorie Sindacali all'interno di Confcommercio e tra queste quella che ha avuto i maggiori risultati in termini di aumento di Associati è proprio la F.I.M.A.A. Cesena della quale è Segretario Provinciale. Buon Tennista, è anche grande appassionato di Basket ed è attivo nel mondo del Volontariato. “Malamente opera chi dimentica ciò che ha imparato". ”Tito Maccio Plauto"

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