Il recesso dal contratto.

Definizione di recesso

Il recesso è l’atto con il quale una delle parti può sciogliersi unilateralmente dal vincolo contrattuale, in deroga al principio sancito dall’art. 1372 c.c. secondo il quale il contratto può essere sciolto solo per mutuo consenso o per le altre cause ammesse dalla legge.

Disciplina normativa e tipologie di recesso.

La disciplina generale del recesso è prevista dall’art. 1373 c.c., ma esistono anche diverse previsioni legislative che concedono tale diritto ad una o ad entrambi i contraenti, limitandolo o configurandolo in maniera più ampia (ad esempio il recesso nella disciplina del codice del consumo oppure le ipotesi previste con riferimento ai singoli contratti di vendita, di somministrazione, di appalto, ecc.).

Il recesso unilaterale dal contratto ex art. 1373 c.c., lungi dal costituire una facoltà normale per i contraenti, presuppone “che essa sia specificamente attribuita per legge o per clausola contrattuale (Cass. n. 987/1990).

Le parti possono anche pattuire, mediante clausola espressa, la possibilità di recedere unilateralmente dal contratto: è questo il caso del c.d. recesso “volontario” o “convenzionale.

Diverse sono le numerose ipotesi di recesso “legale”, in cui la possibilità di recedere è espressamente prevista dalla legge per tutta una serie di singoli contratti (ad es. somministrazione a tempo indeterminato, affitto, appalto, trasporto, mandato, commissione, spedizione, deposito, comodato, d’opera, ecc…).

Molte fattispecie di recesso legale non sono discrezionali, in quanto si attivano automaticamente al sopravvenire di determinate situazioni oggettive o soggettive.

Natura giuridica e forma del recesso.

Il recesso consiste in un negozio giuridico unilaterale di natura recettizia, che produce i suoi effetti dal momento in cui perviene a conoscenza della persona alla quale è destinato, secondo le regole proprie degli atti unilaterali ex art. 1334 c.c. (Cass. n. 2741/1983).

Per quanto attiene alla forma dell’atto, l’art. 1373 c.c. non richiede alcuna formula sacramentale: tuttavia, giacché trattasi di facoltà attribuita ad uno o ad entrambi i contraenti derogativa al principio generale per il quale il contratto ha forza di legge tra le parti, la volontà di recedere “deve essere sempre redatta in termini inequivoci, tali da non lasciare alcun dubbio circa la volontà dei contraenti di inserirla nel negozio da loro sottoscritto” (Cass. n. 8776/1987).

È pacifico che, laddove il recesso si riferisca ad un negozio qualificato da un formalismo ad substantiam actus, anche la dichiarazione debba rivestire la stessa forma, dovendo sottostare alle medesime garanzie formali prescritte per la costituzione del rapporto contrattuale alla cui risoluzione il recesso stesso è preordinato (Cass. Civ. n. 1609/94; Cass. n. 5059/1986; Cass. n. 267/1976).

Esercizio e termini.

Il diritto di recesso, data la sua natura di eccezione al principio generale dell’irrevocabilità degli impegni negoziali, secondo la giurisprudenza, “non può essere svincolato da un termine preciso o, quanto meno, sicuramente determinabile, in assenza del quale l’efficacia del contratto resterebbe indefinitamente subordinata all’arbitrio della parte titolare di tale diritto, con conseguente irrealizzabilità delle finalità perseguite con il contratto stesso” (Cass. n. 7599/1983; Cass. n. 6160/1983).

Lo stesso art. 1373 c.c. fissa due regole temporali per il recesso unilaterale, in base alla circostanza se il contratto dal quale recedere sia ad esecuzione immediata o differita oppure ad esecuzione continuata o periodica: nella prima ipotesi, il comma 1° prevede che la facoltà di recesso possa “essere esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione“; nella seconda ipotesi, che possa “essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione” (cfr. art. 1373, comma 2, c.c.).

In ogni caso, il recesso, di regola, non ha effetto retroattivo, ma produce la sua efficacia ex nunc e diviene irrevocabile nel momento in cui viene esercitato e divenuto produttivo di effetti. Una riviviscenza del contenuto dell’accordo potrà avvenire solo attraverso la rinnovazione del contratto.

La multa penitenziale.

Le parti possono prevedere nel regolamento contrattuale un corrispettivo per il diritto di recesso: si tratta della c.d. “multa penitenziale” di cui al terzo comma dell’art. 1373 c.c., che subordina l’effetto del recesso all’esecuzione della prestazione.

Mentre la cd. caparra penitenziale ex art. 1386 c.c. prevede che il corrispettivo sia versato anticipatamente al momento del perfezionamento del contratto ed eventualmente trattenuto quale “prezzo” dell’intervenuto recesso, l’istituto della multa penitenziale previsto dall’art. 1373 c.c., assolve “alla sola finalità di indennizzare la controparte nell’ipotesi di esercizio del diritto di recesso da parte dell’altro contraente; ne consegue che in tali casi, poiché non è richiesta alcuna indagine sull’addebitabilità del recesso, diversamente da quanto avviene in tema di caparra confirmatoria o di risoluzione per inadempimento, il giudice deve limitarsi a prendere atto dell’avvenuto esercizio di tale diritto potestativo da parte del recedente e condannarlo al pagamento del corrispettivo richiesto dalla controparte” (Cass. n. 6558/2010).

Recesso e caparra confirmatoria.

L’art. 1385 c.c. richiama un’ipotesi di recesso legale, laddove disciplina le possibilità di recesso per inadempimento a fronte del versamento di una caparra confirmatoria. La caparra confirmatoria consiste nella materiale dazione di una somma di denaro o altre cose fungibili in considerazione di un possibile inadempimento del contratto.

Se ad essere inadempiente nel contratto è la parte che ha versato la caparra, l’altra potrà recedere dal contratto e ritenere la somma; se invece è inadempiente la parte che l’ha ricevuta, sarà l’altra a poter recedere dal contratto ed inoltre potrà esigere il doppio della somma versata.

La caparra confirmatoria assume, in tal caso, la funzione di liquidazione convenzionale e anticipata del danno da inadempimento.

Resta salva per la parte inadempiente la possibilità, alternativamente al recesso, di domandare l’esecuzione o la risoluzione del contratto, trattandosi di rimedi non cumulabili tra loro (Cass., SS. UU. 553/2009).

Recesso nei contratti a distanza e fuori dai locali commerciali.

Il Codice del consumo prevede una tipologia di recesso “di pentimento” per il consumatore in caso di contratti conclusi a distanza e fuori dai locali commerciali.

Sono le modalità di conclusione del contratto a determinare questa tipologia di recesso, in quanto la disciplina si applica a qualsiasi contratto concluso tra professionista e consumatore nel quadro di un regime di vendita o prestazione di servizi a distanza, quindi senza la presenza fisica e simultanea di ambo le parti, e per i contratti negoziati in luogo diverso dai locali del professionista (ad es. a casa del consumatore, per strada, in occasione di fiere, ecc.).

Questa disciplina si giustifica in ragione della considerazione del consumatore quale “parte debole” del sinallagma contrattuale, facile preda delle tecniche di seduzione commerciale del professionista in ambienti privi di adeguata consapevolezza informativa.

Il consumatore può entro 14 giorni (decorrenti dalla conclusione del contratto o dal momento in cui si viene in possesso dei beni) recedere dall’acquisto senza alcuna motivazione o costi aggiuntivi.

Il periodo per recedere si protrae di 12 mesi dal termine del periodo di recesso inizialmente previsto se il professionista non adempie gli obblighi informativi; se egli fornisce le informazioni entro 12 mesi il periodo di 14 giorni per recedere inizierà a decorrere da quel giorno.

Il consumatore deve informare il professionista della volontà di recedere tramite apposito modulo o qualsiasi altra dichiarazione esplicita circa la sua decisione.

Il recesso pone fine agli obblighi contestuali di entrambe le parti e obbliga il professionista a rimborsare tutti i pagamenti ricevuti dal consumatore, mentre quest’ultimo dovrà restituire i beni acquistati.

Altri casi di recesso.

Il recesso dai pacchetti vacanza

Il diritto di recesso opera anche in diversi altri casi, specificamente individuati dal nostro ordinamento.

Innanzitutto, in ipotesi di pacchetti vacanza, rispetto ai quali l’aspirante viaggiatore ha diritto di recedere senza penali entro due giorni lavorativi nel caso in cui l’organizzatore o il venditore modifichino prima della partenza in maniera significativa uno o più elementi del contratto. Il predetto termine decorre dal momento in cui la comunicazione in forma scritta è ricevuta e, ai fini della garanzia del suo rispetto, è bene che il recesso (come in tutti gli altri casi) sia esercitato tramite raccomandata con avviso di ricevimento.

Il recesso dai contratti a distanza.

Un altro caso in cui il nostro ordinamento prevede uno specifico diritto di recesso è quello in cui siano stati stipulati contratti a distanza.

In forza di quanto previsto dal d.lgs. n. 206/2005, infatti, il recesso è possibile entro 14 giorni dalla data in cui il contratto è stato concluso (se esso ha ad oggetto una prestazione di servizi) o dal giorno in cui è stata ricevuta la merce (se esso ha ad oggetto una compravendita). Se il venditore non ha informato il consumatore / acquirente della possibilità di esercitare tale recesso, il termine a disposizione di quest’ultimo per “liberarsi” dal contratto è di dodici mesi e quattordici giorni.

Il diritto di recedere entro 14 giorni dai contratti relativi a servizi finanziari ai consumatori.

Il diritto di recedere entro 14 giorni si applica anche ai contratti conclusi a distanza per l’acquisto di servizi di natura bancaria o creditizia, di assicurazione, di pagamento, di previdenza individuale, di investimento. Il termine decorre dalla data in cui il contratto è stato concluso o da quella successiva in cui il consumatore ha ricevuto le condizioni contrattuali e le informazioni complete.

Tale diritto di recesso, tuttavia, non opera sempre, non essendo applicato: – alle polizze di assicurazione viaggio o bagagli o a quelle di durata inferiore a un mese; – ai contratti che le parti abbiano interamente eseguito su richiesta scritta del consumatore; – ai contratti per la RCauto quando si è verificato l’evento assicurato; – ai servizi finanziari diversi dal servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento se gli investimenti non sono avviati, nel caso in cui il loro prezzo dipende da fluttuazioni di mercato impossibili da controllare per il fornitore e che possono verificarsi durante il periodo di recesso; – alle dichiarazioni che il consumatore ha rilasciato dinanzi a un pubblico ufficiale, purché quest’ultimo confermi che il primo gode dei diritti di cui all’articolo 67-undecies, comma 1, del codice del consumo.

Il recesso dalle polizze di assicurazione sulla vita.

Un’altra ipotesi in cui il consumatore ha diritto di recedere senza penali è quella in cui ha sottoscritto una proposta di stipula di una polizza-vita. In tal caso, egli può recedere entro 30 giorni dalla data di ricevimento della polizza o di comunicazione dell’accettazione della proposta, anche se ha versato, in tutto o in parte, il premio.

Il recesso dai contratti di investimento mobiliare.

Entro 7 giorni dalla sottoscrizione dell’ordine, poi, è possibile esercitare il recesso dal contratto con il quale si è provveduto all’acquisto di azioni, obbligazioni e altri valori immobiliari da società e intermediari finanziari, ma fuori dalle loro sedi.

Il recesso dai contratti di multiproprietà.

Infine, l’acquirente di un bene in multiproprietà o time-share può recedere entro 10 giorni dalla sottoscrizione dello stesso (o del preliminare) da parte di entrambi i soggetti. Tale termine è elevato a tre mesi laddove il contratto non contenga le informazioni necessarie sul recesso.

In caso di recesso entro dieci giorni, tuttavia, le spese per la stipula e il recesso stesso (che vanno chiaramente indicate in contratto) devono essere rimborsate dal consumatore all’altra parte.

La risoluzione per inadempimento.

Merita infine di essere segnalato in questa sede anche un ulteriore rimedio mediante il quale la parte di un contratto può liberarsi dallo stesso senza “penali”: la risoluzione per inadempimento.

Si tratta di un modo per risolvere il contratto, da tenere tuttavia ben distinto dal recesso, al quale può ricorrersi se una delle parti di un negozio a prestazioni corrispettive non adempie le proprie obbligazioni. In virtù del principio pacta sunt servanda, infatti, l’altra, a sua scelta, può chiedere non solo l’adempimento ma anche la risoluzione del contratto.

Fonte: StudioCataldi

About Massimo Montanari
Massimo Montanari, italiano, nato a Lussemburgo il 16 luglio 1961. Formatosi in Confcommercio col ruolo di Segretario delle Delegazioni di Sarsina e Mercato Saraceno, dal 2011 ha deciso di cambiare percorso lavorativo ed ha portato il suo bagaglio di esperienza nel Settore Sindacale dell'Associazione Cesenate. Attualmente si occupa di varie categorie Sindacali all'interno di Confcommercio e tra queste quella che ha avuto i maggiori risultati in termini di aumento di Associati è proprio la F.I.M.A.A. Cesena della quale è Segretario Provinciale. Buon Tennista, è anche grande appassionato di Basket ed è attivo nel mondo del Volontariato. “Malamente opera chi dimentica ciò che ha imparato". ”Tito Maccio Plauto"

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