Riqualificare il patrimonio edilizio. Un investimento “sociale”.

La riqualificazione del patrimonio edilizio italiano rappresenta, ad oggi, un investimento sociale attraverso cui prevenire (se non eliminare) i danni che un sisma può causare. Tale investimento dovrebbe essere supportato dallo Stato attraverso sgravi fiscali per i privati ed incentivato, al tempo stesso, dagli Istituiti di Credito, attraverso mutui a tassi estremamente favorevoli nel caso in cui le somme elargite siano destinate al miglioramento strutturale (o adeguamento sismico).

In tal caso il privato cittadino, o un intero Condominio, potrebbe investire nella sua casa di famiglia (edificio) rendendola sicura nei confronti del sisma.

La riqualificazione sarebbe, al tempo stesso, un traino per l’economia italiana, soprattutto per il settore delle costruzioni che, grazie ai suddetti contributi statali e privati, sarebbe interessato da un aumento della domanda.

Per la riqualificazione di un edificio è necessario seguire una procedura che, ad oggi, grazie alle norme in materia ed alla preparazione dei tecnici italiani, è praticamente standardizzata e caratterizzata, fondamentalmente, da: prove sui materiali (con interpretazione statistica dei risultati), rilevo geometrico e materico, presa conoscenza della storia dell’edificio, considerazioni tecnico/economiche sul significato di tali risultati.

Al termine dei suddetti passi può accadere che sia impossibile “adeguare” le strutture esistenti ai livelli di sicurezza imposti dalleodierne Normative, salvo snaturare la costruzione stessa in termini estetici, culturali oeconomici, perché l’intervento diverrebbe alquanto oneroso.

Pertanto, per le costruzioni esistenti, è necessario parametrare i costi di intervento in funzione del livello di sicurezza che effettivamente si può ottenere.

In numerose attività di miglioramento svolte in tutta Italia, anche in collaborazione con altri colleghi, si è accertato che un gran numero di edifici residenziali (in calcestruzzo armato), ben progettati e costruiti secondo la “regola d’arte” degli anni ‘50-‘60, mostrano la capacità di “sopportare” il circa 40-45% del sisma di norma.

Per tali edifici si ritiene possibile arrivare alla capacità di sopportare l’80-85% del sisma di norma, ciò senza una spesa eccessiva.

Al di sopra di tale miglioramento i costi aumenterebbero praticamente in maniera esponenziale.

Pertanto, un operatore immobiliare (un Condominio, o un privato cittadino o una Amministrazione Pubblica), prima d’intraprendere una qualsiasi operazione su una determinata costruzione, dovrebbe conoscere le “risorse” statiche delle sue strutture, progettate e realizzate con le normative precedenti a quella cogente.

Solo allora, con l’aiuto del tecnico ingegnere che ha svolto le necessarie suddette attività atte a capire tali risorse, è possibile constatare quali sono gli interventirealmente fattibili (ed i loro relativi costi) per migliorare o, addirittura, adeguare le strutture.

Nel caso in cui, poi, gli interventi fossero effettivamente eseguiti, l’edificio in questione potrebbe ottenere un’asseverazione strutturalein relazione alle norme cogenti che rappresenta, chiaramente, un plus valore per l’edificio stesso.

In numerosi casi – affrontati negli ultimi 10 anni, in Italia – si è visto che il costo per la riqualificazione (intesa come “consistente” percentuale di miglioramento) è intorno al 1.20 ÷ 1.40 ‰ del valore commerciale della costruzione riqualificata, a volte restando al di sotto dell’1 ‰ per costruzioni importanti o raggiungendo l’1.60 ‰ per costruzioni modeste.Come detto, tale esborso è largamente ricompensato dal valore aggiunto che l’asseverazione rappresenta.

Si sottolinea che il concetto dell’“asseverazione strutturale” è ben diverso dalla cosiddetta “certificazione d’idoneità statica” (che alcuni Comuni richiedono nel caso di interventi sull’esistente. Il Comune di Milano l’ha addirittura resa obbligatoria per i fabbricati aventi più di 50 anni .

Infatti, nell’asseverazione si tiene conto del sisma, mentre nella certificazione gli effetti del sisma sulle strutture non sono considerati poiché la certificazione può essere rilasciata basandosi sulla normativa con la quale l’edificio fu progettato e realizzato.

Nel caso in cuigli interventi, su richiesta del Condominio, debbano garantire un adeguamento delle strutture nel rispetto delle norme cogenti (quindi considerando gli effetti del terremoto), le strutture dovranno essere sottoposte ad un Collaudo, da svolgere secondo i dettami del Capitolo 9 delle Norme Tecniche per le Costruzioni, e non ad una certificazione d’idoneità.

Alcune differenze pratiche tra l’asseverazione e la certificazione, secondo la distinzione sopra riportata, risiedono nelle attività da compiere da parte del tecnico e nell’investimento economico.

Il tecnico, nel caso dell’idoneità (intesa come quella richiesta, ad esempio, dal Comune di Milano nel suo Regolamento edilizio del 2014) non sarebbe obbligato a svolgere prove sui materiali, prove di carico sugli impalcati, rilievo geometrico e materico dettagliato e analisi strutturali con l’ausilio di modelli ad elementi finiti.

Cioè, nella certificazione, il tecnico non sarebbe obbligato a compiere tutti i passi obbligatori ai fini di una asseverazione, per quanto un ingegnere coscienzioso dovrebbe comunque proporli e, se possibile, eseguirli.

In merito, si auspica che lo Stato prenda coscienza di quanto sopra esposto e che si impegni in provvedimenti seri in relazione a tale tema, magari attraverso un aiuto concreto (ad esempio aumentando la percentuale delle detrazioni), completando quanto già iniziato con il cosiddetto Sisma Bonus (contenuto nella Legge di Bilancio del 2017).

Tale aiuto, economico e sociale, rappresenterebbeun investimento nel patrimonio edilizio esistente che potrebbe essere preservato in caso di sisma. Sostanzialmente, quindi, si potrebbe dire che lo Stato dovrebbe puntare sull’ “investire nei terremoti”, come ricordato anche dal dott. Ing.

Donato Carlea, attuale Provveditore alle Opere Pubbliche della Calabria e Sicilia, in un intervento congressuale a Venezia nel novembre 2016.

Fonte : www.condominioweb.com 

 

About Massimo Montanari
Massimo Montanari, italiano, nato a Lussemburgo il 16 luglio 1961. Formatosi in Confcommercio col ruolo di Segretario delle Delegazioni di Sarsina e Mercato Saraceno, dal 2011 ha deciso di cambiare percorso lavorativo ed ha portato il suo bagaglio di esperienza nel Settore Sindacale dell'Associazione Cesenate. Attualmente si occupa di varie categorie Sindacali all'interno di Confcommercio e tra queste quella che ha avuto i maggiori risultati in termini di aumento di Associati è proprio la F.I.M.A.A. Cesena della quale è Segretario Provinciale. Buon Tennista, è anche grande appassionato di Basket ed è attivo nel mondo del Volontariato. “Malamente opera chi dimentica ciò che ha imparato". ”Tito Maccio Plauto"

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