Rimozione amianto sul tetto condominiale. Necessaria l’iscrizione all’albo degli smaltitori.

Questa la vicenda: con sentenza del 19 febbraio 2018 il Tribunale di Firenze condannava Tizio ad una pena (pecuniaria di ammenda) avendolo ritenuto colpevole della contravvenzione di cui agli articoli 256 comma 1 e 262 comma 2 sub) a del D. Lgs n. 81/2008 per aver eseguito presso un condominio, quale titolare di una ditta, lavori di demolizione e rimozione dell’amianto in difetto della apposita iscrizione all’albo degli smaltitori. Avverso la condanna veniva proposto appello, poi convertito in ricorso in Cassazione.

Tra i tre motivi di gravame, vi era anzitutto l’aver il condannato, a dire del suo difensore, eseguito solamente lavori preparatori, mentre lo smaltimento vero e proprio sarebbe stato eseguito da altra ditta non identificata nel processo penale.

Per detti lavori preparatori, quindi, secondo il ricorrente non era necessaria, da parte dell’esecutore, l’iscrizione all’albo degli smaltitori. Inoltre, iscrizione o meno, il condannato-esecutore aveva comunque le competenze tecniche per svolgere i lavori che gli venivano contestati.Secondo la difesa, infine, i lavori in contestazioni erano stati comunque eseguiti correttamente ed esisteva la perfetta buona fede dell’imputato.

Il che avrebbe dovuto portare alla assoluzione del reo non potendosi interpretare la norma ex. lgs n. 81/2008 in modo solo formalistico.La Cassazione , tuttavia, respingeva il ricorso ritenendo anzitutto che il giudizio sulla colpevolezza dell’imputato formulato dal Tribunale toscano fosse immune da vizi di sorta.

In particolare, il Tribunale a dire della Suprema corte aveva correttamente ricostruito in fatto la vicenda, acquisendo agli atti le fatture emesse dal reo proprio per i lavori di smaltimento amianto in favore del condominio pur in assenza, da parte sua, della necessaria ed obbligatoria iscrizione all’albo degli smaltitori.

La ditta che aveva eseguito i lavori, inoltre, risultava addirittura non essere iscritta alla Camera di commercio.

Il Tribunale, peraltro, osservava ancora la Cassazione, aveva anche rilevato come non risultasse chiaro a cosa si riferissero i lavori preparatori ai quali si era riferito nel processo l’imputato a sua discolpa.

In ogni caso, osservava il Decidente come il punto decisivo della questione consiste non nella corretta esecuzione (che non rilevava ai fini del processo) o meno dei lavori, ma il fatto che gli stessi consistessero pacificamente nello smaltimento dell’amianto dal tetto dello stabile e fossero stati eseguiti da ditta non autorizzata.

Risultando quindi, visto il chiaro tenore della norma violata, del tutto ininfluente l’elemento soggettivo in capo all’esecutore materiale dei lavori.

La Cassazione concludeva pertanto respingendo l’appello e rilevando come ” il giudizio sulla sussistenza del reato dal punto di vista oggettivo e soggettivo, in quanto solidamente ancorato alle risultanze istruttorie e sorretto da considerazioni logiche e coerenti, risulta dunque senz’altro immune da censure “.

Il giudice delle leggi, inoltre, respingeva un altro motivo del ricorso consistente nel mancato riconoscimento della non punibilità ex art. 131 bis Codice Penale. Questo articolo come è noto si riferisce alla non punibilità per particolare tenuità del fatto, cioè intende escludere la punibilità del colpevole per fatti che, sebbene astrattamente costituiscano reato, ciò nonostante risultano espressione di un grado di offensività particolarmente tenue.

In questo modo il legislatore, oltretutto, ha inteso introdurre uno strumento ragionevolmente atto ad applicare la deflazione dei carichi giudiziari con riferimento a comportamenti che non siano avvertiti come rilevanti dalla opinione pubblica.

Nel caso di specie, tuttavia, il Tribunale ha ritenuto non sussistere le condizioni necessarie per applicare detta norma favorevole al reo.

Questo sia per la rilevanza degli interessi tutelati dalle norme violate che attengono alla sicurezza sul lavoro, e sia alla luce del comportamento tenuto dal ricorrente, il quale sin dall’inizio del procedimento amministrativo si era sottratto alle proprie responsabilità derivata dalla condotta illecita tenuta nell’occasione.

Il ricorso in Cassazione veniva quindi dichiarato inammissibile e definitivamente respinto con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese del procedimento.

Fonte: www.condominioweb.com 

About Massimo Montanari
Massimo Montanari, italiano, nato a Lussemburgo il 16 luglio 1961. Formatosi in Confcommercio col ruolo di Segretario delle Delegazioni di Sarsina e Mercato Saraceno, dal 2011 ha deciso di cambiare percorso lavorativo ed ha portato il suo bagaglio di esperienza nel Settore Sindacale dell'Associazione Cesenate. Attualmente si occupa di varie categorie Sindacali all'interno di Confcommercio e tra queste quella che ha avuto i maggiori risultati in termini di aumento di Associati è proprio la F.I.M.A.A. Cesena della quale è Segretario Provinciale. Buon Tennista, è anche grande appassionato di Basket ed è attivo nel mondo del Volontariato. “Malamente opera chi dimentica ciò che ha imparato". ”Tito Maccio Plauto"

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