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Affitti calmierati, cedolare secca al 10%.

Scongiurato l’aumento della cedolare secca sugli affitti a canone concordato, i proprietari immobiliari non riescono a sorridere del tutto. L’aliquota della fiat fax sulle locazioni a canone calmierato non salirà al 12,5%, come inizialmente paventato, ma resterà ferma al 10% e per di più in modo strutturale.

Nessuna traccia, invece, del rinnovo della cedolare sui negozi, cosa che mette in allarme, visto anche gli effetti peggiorativi per i contribuenti derivanti dall’unificazione di Imu e Tasi.

Il premier Giuseppe Conte, ha invece difeso la scelta del governo di non inasprire il prelievo su una misura come la cedolare che in questi anni ha svolto un’innegabile funzione antievasione, dimezzando il nero sugli affitti. «Abbiamo deciso di rendere permanente il regime di cosiddetta cedolare secca al 10 per cento per le locazioni a canone concordato, che, a legislazione vigente sarebbe aumentato fino al 15 per cento a decorrere dal 2020». (continua)

Fonte:ItaliaOggi

FIMAA: “BENE STOP AUMENTO CEDOLARE SECCA”

L’aliquota sulle locazioni a canone concordato resterà al 10% nel 2020 e diventerà strutturale .

Roma 30 ottobre 2019 – “Siamo soddisfatti della retromarcia del Governo sull’ipotesi di aumento della cedolare secca sulle locazioni a canone concordato con aliquota al 12,5% dal 2020. 

La conferma dell’aliquota al 10% dal 2020, in via strutturale, offre una certezza in più ai locatori chiamati a valutare la convenienza delle diverse formule di locazione in un contesto di mercato ancora in difficoltà. L’aumento dell’aliquota avrebbe avuto un impatto economicamente recessivo per il comparto delle locazioni. 

Quanto all’ipotesi di aumentare l’aliquota unificata di Imu e Tasi, siamo pienamente convinti che occorra accorpare le due imposte mantenendo l’invarianza del gettito dei due contributi. 

Così come siamo convinti che per la crescita del Paese e del settore immobiliare resta necessario procedere con determinazione alla riduzione della spesa pubblica improduttiva per liberare, senza ricorrere ad ulteriori balzelli a carico dei cittadini e delle imprese, risorse per gli investimenti”. 

È il commento di Santino Taverna, presidente nazionale FimaaFederazione italiana mediatori agenti d’affari, aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia

Con recesso concordato niente registro fisso.

Il contratto con il quale le parti contraenti convengono di risolvere un precedente contratto di compravendita immobiliare, tra esse stipulato, è soggetto all’applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota propria dei trasferimenti immobiliari e non in misura fissa.

Lo affermano le Entrate nella risposta a interpello 439 del 28 ottobre 2019. La materia affrontata dalla risposta è quella del cosiddetto “mutuo dissenso” o “mutuo consenso risolutivo”, vale a dire l’accordo che provoca la risoluzione di un precedente contratto: nel caso della risoluzione di un contratto a effetti reali, come la compravendita, il mutuo dissenso comporta il ritorno in capo al soggetto alienante della titolarità del diritto che venne trasferito al soggetto acquirente con il contratto poi risolto. Ci si chiede, dunque, se questa vicenda comporti l’applicazione dell’imposizione propria degli atti traslativi di beni immobili. (continua)

Fonte:IlSole24Ore