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Rottura elettrodomestico: chi paga?
Nei rapporti tra proprietari e inquilini, se l’appartamento è ammobiliato capire chi deve pagare per la rottura di un elettrodomestico non è sempre semplice.
Rottura elettrodomestico: i riferimenti normativi.
Infatti, i riferimenti normativi che possono fungere da orientamento a tal proposito sono pochi e poco chiari: si tratta, nel dettaglio, degli articoli 1576, 1590 e 1609 del codice civile.
Le riparazioni necessarie.
La prima disposizione, in particolare, stabilisce che il locatore, nel corso della locazione, deve eseguire tutte le riparazioni necessarie, ad eccezione di quelle di piccola manutenzione. Di queste ultime, infatti, deve farsi carico il conduttore. L’articolo 1576 precisa poi che per quanto riguarda le cose mobili le spese di manutenzione e conservazione sono a carico del conduttore, salvo patto contrario.
La restituzione della cosa.
La norma di cui all’articolo 1590 c.c., invece, stabilisce che il conduttore deve restituire la cosa al locatore nel medesimo stato in cui l’ha trovata, fatto salvo il deterioramento o il consumo.
Fino ad ora è quindi chiaro che il conduttore che abbia preso in locazione un appartamento con mobili ed elettrodomestici, dovrà farsi carico delle spese di manutenzione ordinaria, anche al fine di mantenere, per quanto possibile, l’immobile nello stato in cui l’ha ricevuto. (continua)
Fonte:StudioCataldi
La ripartizione delle spese tra locatore e conduttore.
In base all’art. 1576 c.c., il proprietario deve eseguire, durante la locazione tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione.
Ripartizione spese locatore e conduttore: i criteri.
Senza entrare nello specifico, il primo criterio di carattere generale per suddividere le spese tra proprietario e inquilino è quindi quello di individuare la tipologia di intervento.
Qualche chiarimento in più, rispetto alla disciplina del codice civile, arriva dalla legge sulle locazioni degli immobili urbani (Legge 392/78), nella quale si afferma che l’inquilino deve sostenere le spese per la pulizia, quelle relative all’ordinaria manutenzione dell’ascensore (quelle straordinarie restano infatti a carico del proprietario), le spese dell’energia elettrica, dell’acqua, del riscaldamento e del condizionamento dell’aria.
Deve inoltre provvedere alle spese relative allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine e alle spese di fornitura di altri servizi comuni. Se poi nello stabile c’è un servizio di portineria, l’inquilino dovrà farsi carico del suo pagamento nella misura del 90%. (continua)
Fonte:StudioCataldi
Casa riqualificata e ceduta, bonus duplicato.
Con la risposta all’interpello 437 (pubblicato ieri) l’agenzia delle Entrate ha confermato che agli acquirenti di un immobile di proprietà di un’impresa che lo ha ristrutturato spetta la detrazione del 50% sul 25% del prezzo, anche se l’impresa stessa ha già beneficiato di ecobonus e sismabonus nel corso dei lavori.
La situazione prospettata dal contribuente (che è la stessa impresa) è quella di un intero fabbricato di sua proprietà, a destinazione abitativa, dove vengono svolti interventi di ristrutturazione edilizia, aventi le caratteristiche per fruire delle detrazioni Ires in materia di risparmio energetico e di misure antisismiche (articoli 14 e 16 del Dl 63/2013)
Sui costi di ristrutturazione, per le Entrate sono diversi i destinatari delle agevolazioni, quindi gli sconti sono totalmente compatibili a quella tipologia di interventi, quindi, l’impresa realizza già un risparmio ben oltre il 65 per cento.
A fine lavori, però, vuole vendere l’immobile ristrutturato e, per renderlo più appetibile, pensa di metterlo sul mercato entro 18 mesi da fine lavori, ricordando che chi compra una casa ristrutturata dall’impresa che ne è proprietaria ha diritto a detrarre in io anni (articolo 16-bis, comma 3 del Tuir) o a cedere il relativo credito d’imposta, il 25% del prezzo di acquisto (articolo 3, comma i, lettere c) e d) del Dpr 380/2001, cioè per lavori di restauro-risanamento conservativo e ristrutturazione). (continua)
Fonte:IlSole24Ore