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Ai coniugi che risiedono in Comuni diversi non spetta alcuna agevolazione ai fini Imu.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nell’ordinanza 20130 dello scorso 24 settembre, affermando la necessità che in riferimento alla stessa unità immobiliare tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare non solo vi dimorino abitualmente, ma vi risiedano anche anagraficamente.

La decisione della Corte si pone in netto contrasto con l’interpretazione che il ministero dell’Economia e delle Finanze aveva fornito nella circolare 3/DF del 18 maggio 2012, a proposito delle differenze tra la definizione di abitazione principale contenuta nell’articolo 13 del Dl 201/2011 per l’Imu e quella relativa all’abrogata Ici, disciplinata dall’articolo 8 del Dlgs 504/1992.

In origine e fino al 31 dicembre 2006, era considerata abitazione principale quella in cui il soggetto passivo e i suoi familiari dimoravano abitualmente. La norma è stata modificata nel senso che per abitazione principale si doveva intendere quella di residenza anagrafica, a meno che non fosse dimostrata (ad esempio attraverso la presenza di utenze come gas, luce, telefono) la mancata coincidenza tra dimora abituale e residenza anagrafica.

I numerosi contrasti giurisprudenziali sorti in merito alla nozione di abitazione principale ai fini Ici, legati alle agevolazioni e alla successiva esenzione dell’imposta comunale sulla prima casa, hanno evidentemente indotto il legislatore ad adottare ai fini Imu una definizione più stringente. (continua)

Fonte:IlSole24Ore

Non è tenuto all’Imu il separato di fatto.

Non è tenuto a versare l’Imu chi è separato di fatto e ha la residenza nell’immobile per il quale richiede le agevolazioni. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 24294 del 3 novembre 2020, ha accolto il ricorso del contribuente.

L’uomo era rimasto, dopo la crisi coniugale, nell’abitazione familiare mentre la ex e i figli si erano trasferiti in città. L’assenza di una separazione formale aveva escluso l’ingresso alle agevolazioni. La decisione dell’amministrazione finanziaria di negare l’esenzione era stata confermata anche da Ctp e Ctr.

Ora i Supremi giudici hanno ribaltato completamente le sorti della vicenda: ad avviso del Collegio di legittimità «per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, l’usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente».

In generale, secondo la giurisprudenza di legittimità, ai fini della spettanza della detrazione e dell’applicazione dell’aliquota ridotta prevista per le «abitazioni principali», un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari.

Per questo bisogna distinguere fra il nucleo familiare che si divide solo sulla carta abitando in città diverse e quello che, come in questo caso, mette in atto una vera e propria separazione. Solo in quest’ultimo caso sussiste il diritto all’agevolazione fiscale.

Ha quindi sbagliato la Ctr di Livorno nel ritenere tout court esclusa l’agevolazione Imu per il solo fatto che i due coniugi vivessero in due abitazioni diverse, considerato peraltro che l’odierno ricorrente risultava residente presso l’immobile de quo e che l’altro coniuge non aveva beneficiato di tale agevolazione (avendo provveduto al pagamento del tributo il proprietario dell’immobile concesso in comodato alla donna). Ora gli atti della causa da Roma ripartiranno verso Livorno dove una diversa sezione della commissione tributaria dovrà rivedere la sua posizione alla luce dell’indirizzo fornito in sede di legittimità.

Fonte:ItaliaOggi

Senza Imu piscine, palestre, impianti sportivi, ristoranti, bar, gelaterie e pasticcerie.

Senza Imu piscine, palestre, impianti sportivi, ristoranti, bar, gelaterie e pasticcerie.

E un lungo elenco quello delle attività sospese o limitate dal dpcm 24 agosto che costituisce il fulcro di tutto il sistema di agevolazioni previsto dal decreto legge «Ristori». L’ultima versione del provvedimento porta in dote un po’ più di soldi ai comuni (5,2 milioni) a titolo di rimborso per la cancellazione della seconda rata Imu.

La quota che il governo restituirà ai sindaci passa da 96,4 milioni a 101,6 milioni. E viene ritoccata leggermente al rialzo anche la quota Imu statale a cui l’erario rinuncerà (da 19,3 a 19,7 milioni) portando complessivamente la perdita di gettito creata dall’agevolazione a 121,3 milioni.

Per il resto l’esecutivo tira dritto sulla decisione di condizionare l’esenzione alla coincidenza tra gestore dell’attività e proprietario dell’immobile. Un requisito, già previsto dal dl Agosto (dl 104/2020) per la lunga serie di immobili già esentati dalla seconda rata Imu (alberghi, agriturismi, villaggi turistici, bed&breakfast, residence, campeggi, cinema, teatri, sale concerti, sale da ballo, discoteche) ad eccezione degli stabilimenti balneari e degli immobili utilizzati nell’ambito di eventi fieristici per cui invece tale coincidenza non è stata prevista dal dl Agosto. (continua)

Fonte:ItaliaOggi