Un condomino può essere accusato di aver alterato il decoro architettonico se cambia la porta della sua abitazione?

l'esperto rispondeIn condominio vige una regola: nessuno può alterare il decoro architettonico dell’edificio se non v’è il consenso di tutti gli altri comproprietari.

Ciò vale tanto se:

si tratta di deliberazione assembleare (art. 1120 c.c.);
si tratta di opera del singolo sulle parti comuni (art. 1102 c.c.);
si tratta di opere su parti di proprietà esclusiva (art. 1122 c.c.).

Vale la pena evidenziare che il divieto di alterazione può diventare divieto di modificazione assoluta in presenza di una clausola del genere contenuta in un regolamento di natura contrattuale.

Ciò detto, prendendo spunto dal quesito di un nostro lettore, soffermiamoci sulla terza ipotesi succitata.

Un utente ci domanda:

“Vorrei domandare: abito in una scala con 5 pianerottoli ed abitando all’ultimo piano io ed il mio vicino abbiamo deciso di cambiare il portone blindato con un colore leggermente diverso rispetto a quelli degli altri pianerottoli .
 
Abbiamo, d’accordo con l’amministratore, affisso la richiesta il primo agosto ed attuato i lavori in ottobre senza che nessuno si sia opposto. Ora un condomino ci dice che non avevamo il diritto di farlo secondo il nuovo diritto condominiale. E’ vero?”

Non è possibile dare una risposta precisa perché, quando si parla di decoro architettonico, non si può prescindere da una valutazione della fattispecie concreta (ossia esame dello stato dei luoghi); ciò, tuttavia, non vuol dire che non sia possibile fornire delle indicazioni utili al nostro lettore e soprattutto chiarire che rispetto al passato la riforma del condominio (l n. 220/2012), sul punto, ha cambiato ben poco. Vediamo perché.

Con la locuzione decoro architettonico ” deve intendersi l’estetica del fabbricato data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità” (Cass. n. 851 del 2007).

In tema di opere sulle parti di proprietà esclusiva, s’è detto che l’art. 1122 c.c. è la norma di riferimento.

Prima dell’entrata in vigore della riforma del condominio, l’articolo in questione faceva generico riferimento ad un divieto di danno per le cose comuni nell’esecuzione di opere sulla proprietà individuale.

Secondo la giurisprudenza non v’era alcun dubbio che “ il concetto di danno, cui la norma fa riferimento, non va limitato esclusivamente al danno materiale, inteso come modificazione della conformazione esterna o della intrinseca natura della cosa comune, ma esteso anche al danno conseguente alle opere che elidono o riducono apprezzabilmente le utilità ritraibili della cosa comune, anche se di ordine edonistico od estetico(v. Cass. 27.4.1989, n. 1947), per cui ricadono nel divieto tutte quelle modifiche che costituiscono un peggioramento del decoro architettonico del fabbricato.

Decoro da correlarsi non soltanto all’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata armonia, ma anche all’ aspetto di singoli elementi o di singole parti dell’edificio che abbiano una sostanziale e formale autonomia o siano comunque suscettibili per sé di considerazione autonoma ((v. Cass. 27.4.1989, n. 1947), (v. Cass. 24.3. 2004, n. 5899)”. (Cass. 19 gennaio 2005, n. 1076).

La legge n. 220/2012 ha istituzionalizzato il riferimento al divieto di alterazione del decoro, imponendo altresì la comunicazione dell’intenzione di eseguire le opere all’amministratore, il quale deve poi riferirne all’assemblea.

In questo contesto sostanzialmente invariato (l’assemblea può vietare le opere su parti di proprietà esclusiva solo se incidono sulle cose comuni e solamente entro questi limiti, salvo opposizione per via giudiziaria del condomino e salvo ogni altra azione giudiziaria utile), spetta a chi si lamenta della violazione del decoro dell’edificio provare che essa sia avvenuta, ossia che l’opera reca un pregiudizio estetico che si traduce in pregiudizio economico (cfr. Cass. n. 1286/2010).

Fonte: http://www.condominioweb.com


About Massimo Montanari
Massimo Montanari, italiano, nato a Lussemburgo il 16 luglio 1961. Formatosi in Confcommercio col ruolo di Segretario delle Delegazioni di Sarsina e Mercato Saraceno, dal 2011 ha deciso di cambiare percorso lavorativo ed ha portato il suo bagaglio di esperienza nel Settore Sindacale dell'Associazione Cesenate. Attualmente si occupa di varie categorie Sindacali all'interno di Confcommercio e tra queste quella che ha avuto i maggiori risultati in termini di aumento di Associati è proprio la F.I.M.A.A. Cesena della quale è Segretario Provinciale. Buon Tennista, è anche grande appassionato di Basket ed è attivo nel mondo del Volontariato. “Malamente opera chi dimentica ciò che ha imparato". ”Tito Maccio Plauto"

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