Per gli Ermellini si tratta di un ricorso fondato: la giurisprudenza di legittimità ha più volte precisato che assume rilevanza penale l’omessa esposizione del cd. cartello di cantiere, qualora detta prescrizione sia prevista dal provvedimento sindacale.
Reato non esporre o esporre in maniera non visibile il cartello di cantiere.
In proposito, infatti, la violazione dell’obbligo di esporre il cartello indicante gli estremi del titolo abilitativo, qualora sia prescritto dal regolamento edilizio o dal titolo medesimo, è tuttora punita dall’art. 44, lett. a) del d.P.R. 6 giugno 2011, n. 380, se commessa dal titolare del permesso a costruire, dal committente, dal costruttore o dal direttore dei lavori (ex multis Cass., n. 29730/2013 e la più recente Cass., n. 13963/2016).
La Cassazione rileva sul punto la continuità normativa che sussiste tra l’art. 4, comma 4, dell’abrogata legge 47/1985 e la nuova fattispecie contemplata dall’art. 27, comma 4, del citato d.P.R. 380/2011, al punto che integra reato anche l’esposizione, in maniera non visibile, del cartello indicante il titolo abilitativo e i nominativi dei responsabili, ancorché esso risulti presente all’interno del cantiere.
La previgente disciplina prevedeva che laddove nei luoghi di realizzazione delle opere non fosse fosse stato apposto il prescritto cartello, “ovvero in tutti gli altri casi di presunta violazione urbanistico-edilizia“, gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria dessero immediata comunicazione all’autorità giudiziaria, al presidente della giunta regionale e al sindaco.
Pertanto, si desumeva testualmente dalla norma che la sola violazione dell’obbligo di apposizione del cartello fosse appunto considerata dal legislatore come ipotesi di presunta violazione urbanistico-edilizia e, come tale, di particolare rilevanza ai suindicati fini.
Infatti, la sistemazione del cartello, contenente gli estremi della concessione edilizia e degli autori dell’attività costruttiva presso il cantiere, consentiva una vigilanza rapida, precisa ed efficiente dell’attività, rispondendo allo scopo di permettere ad ogni cittadino di verificare se i lavori fossero o meno stati autorizzati dall’autorità competente.
La nuova normativa ha sostanzialmente riprodotto la previsione previgente relativa alla immediata comunicazione agli enti competenti da parte degli ufficiali ed agenti di p.g. della mancata apposizione del cartello così come di “tutti gli altri casi di presunta violazione urbanistico – edilizia”.
Resta, quindi, confermata l’appartenenza della violazione in questione alla attività edilizio – urbanistica e, dunque, la sanzionabilità della stessa all’interno delle ipotesi di cui all’art. 44 lett. a) del citato d.P.R., così acquistando rilievo determinante la previsione di essa all’interno dei regolamenti edilizi o della concessione.
La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio, per aver disatteso il consolidato insegnamento in ordine alla riconducibilità dell’apposizione del cartello al campo delle violazioni in materia urbanistica ed edilizia.
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