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Rassegna Stampa Fimaa del 20 maggio 2015.
Rassegna di Martedì 19 Maggio 2015 |
Il contratto preliminare venduto determina plusvalenza da tassare.
La differenza tra la spesa sostenuta per la caparra e l’importo ricevuto per la cessione del compromesso stipula rappresenta un corrispettivo non trascurabile dal fisco.
La plusvalenza relativa alla cessione di un contratto preliminare di acquisto di un immobile rientra tra i redditi diversi derivanti dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere. Chi vende, infatti, si assume l’obbligo di non sottoscrivere il contratto definitivo.
Questo, in breve, il contenuto della risoluzione 6/E del 19 gennaio 2015, con la quale l’Agenzia delle Entrate risponde a una persona fisica che, dopo aver stipulato il compromesso per l’acquisto di un’abitazione ancora in costruzione e aver pagato un acconto, ci ripensa e decide di rivendere l’atto, operazione, per lui, in attivo dal punto di vista dell’incasso.
Secondo l’istante, il surplus derivante dalla transazione non è riconducibile, secondo la normativa vigente, a nessuna categoria di reddito imponibile ed è, quindi, esentasse.
L’Amministrazione finanziaria non è d’accordo e spiega come, al contrario, l’importo trova una sua collocazione tra i corrispettivi tassabili.