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Nullo il contratto di locazione se concluso verbalmente.

(Tribunale di Roma, sentenza n. 21287 del 24 ottobre 2013)

I contratti di locazione non stipulati in forma scritta sono nulli per difetto di forma ab substantiam. La registrazione del rapporto di locazione verbale presso l’Agenzia delle Entrate, effettuata ex art. 3 del d.lgs. n. 23/2011 (la c.d. cedolare secca), non basta a soddisfare il requisito di forma imposto dalla legge n. 431/98.

tribunale romaL’art. 3 del d.lgs. n. 23/2011 (cd. cedolare secca) consente all’inquilino di regolarizzare il rapporto di locazione “in nero”. Con la registrazione anche tardiva del contratto, al rapporto irregolare si sostituisce, automaticamente, un contratto di locazione di quattro anni, rinnovabile per altri quattro, con un canone agevolato, pari al triplo della rendita catastale.

Tale disciplina è applicabile anche ai contratti di locazione conclusi verbalmente?

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 21287 del 24 ottobre 2013, ha stabilito di no, accogliendo le ragioni della proprietaria, che aveva affittato una stanza del proprio appartamento ad una studentessa universitaria, senza alcun contratto scritto.

Il caso di specie. Le parti concludono verbalmente un contratto di locazione avente ad oggetto una sola stanza all’interno di un appartamento. La studentessa occupa subito la stanza, senza richiedere la formalizzazione per iscritto e la sottoscrizione del contratto. Circa 3 mesi dopo, la stessa comunica alla proprietaria di aver registrato il contratto e, in applicazione dell’art. 3 del D.Lgs. n. 23 del 2011, invoca l’esistenza di un contratto di locazione ad uso abitativo della durata di anni quattro più quattro, con un canone mensile di euro 72 (invece del canone di euro 400, originariamente pattuito).

La proprietaria, allora, agisce in giudizio per far dichiarare nullo il contratto di locazione per difetto di forma e, di conseguenza, far accertare l’occupazione senza titolo dell’immobile, con condanna della conduttrice all’immediato rilascio e al pagamento di un’indennità di occupazione abusiva. L’inquilina si oppone, chiedendo la restituzione delle somme pagate in più rispetto al canone legale dovuto.