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Nuove regole sulla privacy,professionisti a rischio multa.

Dovranno rendere inaccessibili i dati dei clienti e rispettare le loro richieste. Per le violazioni più gravi sono previste sanzioni fino al 4% del fatturato.

E’ il tema del millennio, quello su cui si giocherà il futuro della società mondiale. Figurarsi se prima o poi non sarebbero arrivate norme più severe. Dal 25 maggio prossimo entra in vigore il nuovo Regolamento europeo, il 2016/679, in materia di privacy.

Riguarda tutti coloro che lavorano con dei dati personali: dalla grande multinazionale, come Google e Facebook, al piccolo imprenditore o libero professionista. Ed è proprio per questi ultimi che le novità in arrivo sono da tenere maggiormente presenti. Perché dal 25 maggio in poi, per le violazioni sulla privacy dei propri clienti, si rischieranno multe fino al 4% del fatturato.

Gli obblighi a cui dovranno sottostare avvocati, agenti immobiliari, commercialisti e in generale tutti coloro che hanno a che fare con i dati personali della propria clientela sono di vario genere. Intanto il professionista dovrà valutare come rendere inespugnabile la cassaforte, reale o virtuale, protegge i dati della clientela.

Locazione ad uso commerciale e la mancata registrazione del contratto.

La Cassazione del 2.3.2018 n. 4922 ha affermato è nullo il patto col quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso commerciale concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; tale nullità vitiatur sed non vitiat, con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente nullo, a prescindere dall’avvenuta registrazione.

L’omessa o la parziale registrazione del contratto di locazione.

L’omessa registrazione del contrato di locazione può assumere due caratteristiche, può essere totale e completa, oppure parziale ed incompleta:

Acquisto casa, contratto affitto e mutui: le spese che finiscono nel mirino del Fisco.

Gtres

Il redditometro è un algoritmo che misura le spese sostenute dal contribuente nell’arco dello stesso anno e le confronta con il reddito da questi dichiarato. Nel caso in cui le spese sostenute dal contribuente nell’arco dello stesso anno sforino di oltre il 20% i guadagni riportati sulla dichiarazione dei redditi, il contribuente viene chiamato a spiegare come si è procurato il denaro extra per mantenere un tenore di vita più alto delle sue possibilità. In generale, nel database dell’Agenzia delle Entrate finiscono tutti gli acquisti fatti con partita Iva o codice fiscale.

La casa è uno di quei beni che insospettiscono l’Agenzia delle Entrate. Il Fisco viene a conoscenza dell’acquisto del bene quando quest’ultimo è riportato nei pubblici registri. Proprio questo è il caso degli immobili, per i quali c’è l’Ufficio dei Registri Immobiliari, tenuto presso l’Ufficio del Territorio dell’Agenzia delle Entrate stessa.

Ma anche i contratti di affitto e i mutui finiscono nel database dell’Agenzia delle Entrate. Nel caso dei contratti di affitto, bisogna ricordare che si tratta di una spesa che si fa dichiarando il codice fiscale e che quindi finisce tra i dati controllati dal Fisco, senza contare il fatto che al momento della registrazione il contratto di locazione finisce direttamente all’Agenzia delle Entrate. Un canone di affitto elevato, non giustificato dal reddito, può far scattare il redditometro.

Per quanto riguarda i mutui, anche qui bisogna tener presente la proporzione tra entrate e uscite. Se la rata del mutuo risulta sproporzionata rispetto al reddito percepito dal contribuente, il Fisco finisce per insospettirsi.

Bisogna, inoltre, fare attenzione alle spese scaricate dalle tasse. Ad esempio, spese al di sopra di quanto si guadagna per ristrutturazioni, acquisto elettrodomestici, leasing immobiliare possono far scattare il campanello di allarme e spingere l’Agenzia delle Entrate ad effettuare i dovuti controlli.

Fonte: Idealista.it